Nell'ultimo decennio abbiamo assistito a un notevole aumento di donne che cercano una valutazione diagnostica per l'autismo, alcune su propria richiesta e altre indirizzate da un professionista. L’essersi attivate in prima persona è spesso dovuto alla diagnosi di autismo ottenuta da un proprio figlio (o figlia) e all’identificazione della madre con le caratteristiche dell'autismo nella propria storia evolutiva, oppure dall'apprendimento delle caratteristiche dell'autismo attraverso i media o le autobiografie, in risonanza con le descrizioni della vita di una persona autistica.
Un altro percorso che tipicamente porta verso una valutazione diagnostica è il riconoscimento di una condizione di salute mentale associata all'autismo. Ciò può includere depressione, disturbo d'ansia, personalità borderline, dipendenza, disturbo da stress post-traumatico, stanchezza cronica e disturbo alimentare. Gli specialisti in queste aree possono riconoscere che la donna ha una storia evolutiva e un profilo di capacità atipici per la condizione di salute mentale per la quale la persona ha chiesto aiuto e possono quindi inviare la donna a un/a collega specializzato/a in autismo per effettuare una valutazione diagnostica.
Abbiamo scoperto che prima della diagnosi di autismo, molte donne autistiche si sentivano incomprese e invalidate dagli operatori sanitari. Ciò può essere dovuto al fatto che gli operatori sanitari hanno una formazione limitata o obsoleta sull'autismo e in particolare nel modo in cui le donne autistiche possono camuffare o compensare le loro caratteristiche autistiche. Speriamo che presto tutti i professionisti che si occupano di salute mentale e fisica ricevano l'adeguata formazione su questo tema, in modo da accogliere nel modo più corretto e professionale possibile i bisogni di queste persone.
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