Secondo uno studio dell'epidemiologo Sven Sanding della Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York (USA), il peso dei tratti genetici ereditari come causa dell'autismo aumenta fino all'83%, contro il 50% che finora veniva attribuito alla genetica nella genesi di questo disturbo.
Lo studio ha coinvolto per più di una decina di anni 37.570 coppie di gemelli, 2.642.064 coppie di fratelli (non gemelli), 432.281 coppie di ’fratellastri’ per via materna, cioè figli della stessa madre ma padre diverso, e 445.531 coppie di 'fratellastri' per via paterna, cioè figli dello stesso padre ma madre diversa.
Nel corso del tempo, a 14.516 bambini è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico. Confrontando fratelli gemelli e non gemelli si può stimare il peso dei geni e quello dell'ambiente sulla presenza o assenza di certe malattie. Questo perché, mentre i fratelli gemelli identici (detti omozigoti o monozigoti) hanno Dna identico al 100% (quindi tutte le differenze che possono emergere tra loro nel corso del tempo sono dovute esclusivamente a fattori ambientali non concordi fra i due), i fratelli gemelli non identici (detti eterozigoti o digizoti) e i fratelli non gemelli condividono lo stesso Dna solo per il 50% e i fratellastri per il 25% (e quindi il peso dei fattori ambientali aumenta sempre di più nel far emergere le differenze nello sviluppo). Dallo studio è emerso che il rischio di due fratelli di essere entrambi autistici sale al crescere della loro somiglianza genetica: significa che l’ereditabilità dell’autismo è alta (il peso dimostrato da questo studio arriva all'83%) mentre i fattori ambientali esterni contano meno (il peso dimostrato da questo studio scende al 17%).
Saranno necessari ulteriori studi scientifici per confermare definitivamente questo nuovo dato, ma l'altissima numerosità del campione preso in esame fa sì che i risultati abbiano già fin da ora una grande validità sul piano scientifico.
Fonte: The Heritability of Autism Spectrum Disorder. Sven Sandin; Paul Lichtenstein; Ralf Kuja-Halkola et al. JAMA. 2017;318(12):1182-1184.
Link all'articolo: http://jamanetwork.com/journals/jama/article-abstract/2654804